Il marketing emozionale sta giocando sempre più in attacco nel panorama commerciale attuale per cui essere manager e allo stesso tempo diventare anche un artista professionista, è la nuova esigenza della realtà commerciale attuale.
L’artista del marketing è colui che si ingegna, attraverso vari mezzi, per svecchiare i tradizionali canoni di dialogo tra azienda e cliente e puntare sull’emozione quale prova reale e tangibile della veridicità del messaggio. Fare pubblicità diventa il pretesto per coinvolgere emotivamente i consumatori; vivere l’esperienza del prodotto significa percepirne la concreta funzionalità.
Il marketing emozionale è una tecnica di branding già nota e diffusa nella strategia del “face to face”: aziende di cosmetici, piuttosto che di elettrodomestici o altre, utilizzano la figura del promoter, in qualità di promotore del marchio o del prodotto attraverso un approccio diretto e personale col cliente. La sollecitazione multisensoriale diventa il mezzo attraverso cui il promoter garantisce un’esperienza al consumatore e ne conquista la sua fiducia.
Il consumatore ha così modo di provare il prodotto e acquistarlo con una maggiore consapevolezza concentrandosi maggiormente sul desiderio di possederlo, grazie all’esperienza e alle emozioni vissute in quel momento.
Bernd. H. Schmitt (1), professore della Columbia University, nel suo libro “Experiential marketing: How to get customers to sense, feel, think, act and relate to your company and brands”, descrive la differenza esistente tra il marketing tradizionale e il marketing esperienziale: il primo, con una base ideologica più analitica, concentra il suo focus sul potere d’acquisto dei consumatori derivante dalle caratteristiche più o meno soddisfacenti del prodotto e relativi benefits; il secondo invece, considera i costumers in qualità di esseri umani che in maniera del tutto razionale sono avidi di plausibili coinvolgimenti emotivi.
Secondo Schmitt, è necessario rendere l’esperienza olistica, ossia non limitarsi alla vendita di uno shampoo per detergere i capelli, ma approfondirne il concetto, ossia pensare in maniera strategica a tutte le funzionali declinazioni del prodotto in una determinata situazione quotidiana e a come potrebbero, il packaging, la pubblicità, il profumo e le caratteristiche del prodotto stesso, mettere a proprio agio il consumatore, migliorarne l’esperienza e garantirne la sua fidelizzazione (3).
Consolidare il legame col consumatore significherà acquisire la sua fiducia, fidelizzarlo e diventare una scelta consapevole in quanto ‘prodotto che non cambierei con nessun altro’.
Un esempio di Feel Experience è quella dei biscotti Krumiri: la sinestesia, cioè l’accostamento di sfere sensoriali opposte, stimolata dal prodotto, diventa il suo punto di forza; la riconoscibilità del biscotto attraverso tutti i cinque sensi ne garantisce la sua unicità.
Un altro spot particolarmente emozionante è quello di Mc Donald’s, che gioca la sua campagna marketing su sentimenti forti e toccanti, quali la mancanza e il dolore di un bambino per aver perduto il padre e la sua ricerca a tutti i costi di una somiglianza che mantenga vivo il legame; è felice quando scopre che l’unica cosa in comune col padre è il gusto.
Purtroppo siamo di fronte ad un caso di pubblicità emozionale che è andato oltre il plausibile, toccando corde emozionali troppo sensibili per essere trattate con cinismo in un contesto di mera promozione commerciale. Per tale ragione lo spot è stato ritirato.
Anche Coca Cola regala esperienze virtuali: le sue campagne marketing donano sempre emozioni.
Myriam Caccavelli
1 Fonte: https://en.wikipedia.org/wiki/Bernd_Schmitt
2 Fonte: http://econoca.unica.it/public/downloaddocenti/Schmitt%20JMM99-Experiential%20marketing.pdf
3 Fonte: http://econoca.unica.it/public/downloaddocenti/Schmitt%20JMM99-Experiential%20marketing.pdf