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I nuovi trend dal mondo HR tra organizzazione agile, superjob e algoritmi

Nelle ultime tre decadi l’inarrestabile sviluppo dei processi di globalizzazione, l’accelerazione dei cicli di innovazione tecnologica, la crescente complessità dell’ambiente competitivo e, più recentemente, la crisi economica e sociale dovute alla pandemia da covid 19 e alla guerra in Ucraina, hanno reso indispensabile un ripensamento dell’assetto organizzativo delle imprese.

Infatti, secondo le previsioni del Copenaghen Institute for Futures Studies, entro il 2044 le modalità di lavoro saranno completamente rivoluzionate: diminuiranno le ore lavorate, emergeranno nuove tipologie di contratti e l’automazione di alcuni segmenti di attività delle aziende rivestirà un ruolo centrale nella riorganizzazione dei processi produttivi.  

La Banca Mondiale

Secondo la Banca Mondiale, che ha previsto nel prossimo futuro una diminuzione della forza lavoro, anche l’invecchiamento della popolazione renderà necessario un maggiore ricorso alle macchine per mantenere la produttività ai livelli richiesti.

Inoltre a destare preoccupazione sono anche le dichiarazioni del Presidente della Banca Mondiale,  David Malpass, che intervenendo lo scorso giugno a New York ha sottolineato che l’economia globale sta entrando in un periodo di protratta debolezza della crescita e di elevata inflazione.

Dopo il +5,7% del 2021, le stime di crescita del PIL globale  si attesterebbero ad un +  2,9%, meno del 4,1% che era stato previsto. La conseguenza diretta potrebbe essere l’inizio di un periodo di stagflazione, simile a quello attraversato negli anni ’70, con conseguenze preoccupanti sui livelli di occupazione.

Per trasformare la complessità in opportunità di sviluppo, le aziende hanno bisogno di coinvolgere   attivamente tutte le loro risorse  e su questa tematica abbiamo voluto confrontarci con Emanuele Cacciatore, Docente del Master in Human Resources Management della Rome Business School, che ci ha aiutato a comprendere quali sono le leve e gli strumenti scelti dalle organizzazioni per adattarsi rapidamente al mutamento degli scenari macro-economici.

Per difendere il loro vantaggio competitivo nel lungo termine, le aziende si trovano spesso schiacciate tra due priorità: incrementare la produttività e accelerare l’innovazione, (di prodotto, di processo, di modello di business) facendo ricorso anche alle tecnologie di automazione  intelligente.   

In un contesto come quello attuale, di elevata inflazione e crescita debole, in cui la priorità del management e degli azionisti è la proiezione dei margini e dei flussi di cassa, la funzione Risorse Umane si  si trova a dover gestire da una parte la pressione al conseguimento di efficienze ed incrementi di produttività del lavoro e dall’altra la spinta all’innovazione dei processi: parliamo di fenomeni che bisogna governare con attenzione e rigore perché hanno un impatto diretto sui lavoratori.

Infatti, quando si procede all’ automazione di alcuni segmenti di processo è fondamentale comprendere, con analisi puntuali e strumenti avanzati di pianificazione strategica, quali saranno le implicazioni complessive sulla forza lavoro per definire, ad esempio,  il mix corretto tra dipendenti   e “macchine”.

Sotto questo punto di vista una conoscenza profonda del mercato potrebbe aiutare ad anticipare i cambiamenti: uno spostamento marcato verso posizioni a contenuto maggiormente tecnologico, che richiedono skill più tecniche, implica ad esempio la necessità di lo sviluppare di programmi di reskilling e di retraining per i dipendenti che altrimenti rischierebbero di farsi cogliere impreparati potr dalle ondate di automazione.”

L’ibridazione della forza lavoro

 In questo contesto, si afferma la necessità di individuare  nuovi paradigma di ottimizzazione ed innovazione dei  sistemi e dei modelli produttivi, per comprendere quanto le diverse modalità d’impiego delle risorse possano impattare sui risultati  aziendali.  

Sono moltissimi i fenomeni da governare nei processi di trasformazione che sono riassunti sotto l’etichetta “Industry 4.0”: uno su tutti l’ibridazione della forza lavoro.

Sono almeno tre le dimensioni dell’ibridazione: la prima riguarda l’innesto di lavoratori digitali o robotici all’interno di team composti da forza lavoro umana. La seconda, che si è massimamente sviluppata durante l‘emergenza sanitaria da covid 19 è rappresentata, dalla ibridazione lavoro dal punto di vista dello spazio e del tempo. Infine, quello che in letteratura viene definito  come il fenomeno dei workforce eco-system: ovvero sistemi estesi di collaborazione che inglobano tutti quei soggetti che, non necessariamente dipendenti dell’azienda, contribuiscono  a vario titolo al raggiungimento del risultato aziendale. Parliamo ad esempio di contractors, di providers, di outsoucers, gig workers, crowdsources, che vengono reclutati per mansioni non centrali o per progettualità molto specifiche.”

Le dimensioni del cambiamento

Nella knowledge economy le aziende per rimanere competitive e per battere la concorrenza del mercato devono essere in grado di innovarsi continuamente.

Secondo una ricerca condotta da Innosight, una società di consulenza strategica statunitense, nel 1964 la durata media della vita di un’impresa, rilevata tra quelle facenti parte del paniere di   Standard & Poor’s 500 era di 33 anni, che si è ridotta a 24 anni nel 2018. Lo stesso studio prevede che entro il 2027 la durata media scenderà a soli 12 anni.

“Basta guardare la lista delle prime dieci aziende per capitalizzazione di mercato della classifica S&P500 per comprendere le dimensioni del fenomeno. Delle top ten presenti negli anni 2000, oggi sono ancora in attività forse due o tre, le restanti sono fenomeni recenti e sono tutte aziende tecnologiche, in qualche caso con modelli di business digital first.  

Un altro requisito richiesto per mantenere un vantaggio competitivo è quello di abbracciare i principi dell’organizzazione agile, che mirano al superamento della concezione tradizionale meccanicistica di organizzazione, caratterizzata da rigide gerarchie, burocratizzazione, separazione dei ruoli e scarsa propensione all’innovazione. Nelle organizzazioni agili le strutture organizzative  sono predisposte per garantire  flessibilità e rapidità di decisionale  e per valorizzare le interazioni tra gli individui che rivestono carattere di priorità rispetto all’aderenza ai processi e alle  procedure.”

I Superjobs

Potrebbe sembrare un paradosso ma per trarre il massimo vantaggio dalla tecnologia, le aziende devono valorizzare la dimensione umana e il relativo capitale intellettuale.   Il cambiamento repentino degli scenari macroeconomici, unitamente alla continua evoluzione dei trend socio-demografici, ambientali e tecnologici, rappresenterà una costante nel prossimo futuro e le skill e i ruoli oggi più richiesti potrebbero non esserlo più in un futuro molto prossimo.

Cambia la domanda di  skill perché cambia il contenuto A questo proposito si parla sempre più frequentemente di “superjob“, ossia ruoli che combinano contenuti e attività afferenti a molteplici ruoli tradizionali, ricombinati in un perimetro più ampio di responsabilità.  

In passato l’oggetto del lavoro era rappresentato da uno o pochi task molto specializzati, ora, per alcune posizioni ci si riferisce appunto al concetto di superjobs, ruoli che necessitano di conoscenze e competenze in ambito tecnico-funzionale, relazionale e del dominio delle soft skills o human skills.

Il contenuto del lavoro sarà dunque sempre di più basato su una combinazione riconfigurabile di attività.  Il nuovo filone di letteratura sul tema del “lavoro senza lavori”, work without jobs, insiste proprio sul concetto della ricombinazione delle architetture basate su insiemi di task che possono essere composte e ricomposte a secondo delle necessità.

Per i manager delle risorse umane diventa quindi cruciale sia la capacità di disegnare i nuovi ruoli che la capacità di effettuare previsioni accurate sull’evoluzione della domanda di skill, attraverso l’utilizzo di strumenti previsionali potenziati da algoritmi di machine learning.”

Le Skills

“Per lavorare nel campo delle HR bisogna avere una buona comprensione di quello che sono i processi chiave tradizionali della gestione delle risorse umane e conoscere il ciclo della vita del dipendente: dall’assunzione alla processazione. E’ necessario conoscere le macro aree, i macro domini funzionali quindi il talent management e possedere la capacità di coordinare e individuare le skill dell’organizzazione, che si sostanziano nella lettura e mappatura delle risorse disponibili in un determinato momento in azienda. Inoltre, è richiesto un buon equilibrio tra abilità analitiche e abilità interpersonali, perché diventa fondamentale la comunicazione con gruppi di lavoro di unità diverse, con team sempre più interfunzionali. Infine, la chiave di volta è rappresentata dalla curiosità che permette di leggere e interpretare tutti i nuovi trend del mercato del lavoro.”

EMANUELE  CACCIATORE

Emanuele Cacciatore è un manager, consulente strategico e industry advisor. Attualmente lavora presso una multinazionale del settore tech, dove si occupa di trasformazione digitale e dei relativi impatti sui modelli di business, operativi, e di organizzazione del lavoro. Ha maturato un’esperienza pluriennale nel settore della consulenza strategica presso società come Bain & Company, Arthur D. Little e Accenture Strategy occupandosi di progetti di corporate strategy, performance improvement, ristrutturazioni organizzative, piani industriali per aziende quotate e grandi gruppi internazionali nei settori energy, utilities, ingegneria e costruzioni, in Italia, Medio Oriente, Africa, Asia Centrale, America Latina. E’ adjunct professor presso la Rome Business School dove insegna Digital HR Strategy nell’ambito dell’International MBA Program e del Master in HR Management. E’ membro della faculty di EIIS – European Institute for Innovation & Sustainability – dove ha ricoperto l’incarico di Direttore Scientifico dell’Executive Program su “Future of Work”. Scrive regolarmente di futuro del lavoro, tecnologia e risorse umane, organizzazione e management per Econopoly “Il Sole 24Ore” ed è autore di articoli e contributi scientifici.